Ma credo che non ne avessero mai avuto il pensiero. E lo dissi fin d'allora, e più d'una volta, al corrispondente del Times, che fu lungamente a Milano, e da inglese, mostrava buon concetto di quel nuovo regno costituzionale. Gli dissi che l'Austria non cederebbe mai nulla; ma trastullerebbe il re, finchè ella non avesse adunato forze bastevoli per discacciarlo. Pare anzi che s'intavolasse qualche pratica. Nella Raccolta delli atti del governo provisorio, si legge: "alcuni giorni dopo la resa di Peschiera, un inviato austriaco, con credenziali del ministro di Sua Maestà l'imperatore al presidente del governo provisorio di Lombardìa, giungeva in Milano per trattare di pace; e offriva da parte del suo governo la ricognizione dell'indipendenza della Lombardìa sino all'Adige"(69).
Intanto Radetzki, avendo avuto due mesi per riordinare i soldati, e reprimere in loro lo spirito di nazionalità e diserzione; ed avendoli confortati con assidue passeggiate militari che li empivano di cibo e di preda; e avendo infine ricevuti dal Veneto i rinforzi di Nugent, anzi già tentato il secondo assalto di Vicenza, fece passare il 27 maggio molte truppe per Isola della Scala a Mantova.
Attraversando per Mantova il lago, assalì con 16 mila uomini a Montanara e Curtatone i cinquemila toscani e napolitani; i quali, sotto il comando del De Laugier, si erano già onorevolmente provati contro due minori assalti, il 9 di maggio e il 13. Quantunque narri il general Bava d'aver preveduto ogni disegno dei nemici, e d'aver saputo nel 28 che il giorno inanzi erano partiti da Verona per Mantova, egli non mosse per tutto quel giorno un soldato.
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