Non raccolse in tempo vittovaglie; non oppresse i nemici quand'erano deboli e spaventati; non preparò militarmente il circondario della fortezza; nè infine attese, prima di arrenderla, che la breccia fosse aperta. Reo di stato, vecchio prigioniero, pareva solamente ansioso di non lasciarsi levare ogni uscita. Palma Nova doveva essere affidata a un militare al quale non si potessero, nell'ultimo caso, contendere i diritti della guerra e delle genti. O almeno doveva il re, colla minaccia delle rappresaglie, costringere li Austriaci a trattar giusta le consuetudini della buona guerra anche i Lombardi e i Veneti, ch'essi mandavano al supplicio come masnadieri. Aveva egli inviato in Palma Nova per unico soccorso una compagnia di cannonieri; si è poi publicata in varii giornali d'Italia una dichiarazione di molti cittadini ch'erano allora in Palma, i quali attestano "che in ogni circostanza si mostrò scaltro e fervido maneggiatore della resa, assediando lo Zucchi, il cavalier Cuggia, capitano delli artiglieri Sardi"(80). Come appare dalla capitolazione, alla quale si sottoscrisse anche il Cuggia, la città si arrese anzi tempo, e se ne fece merito col nemico. Il Cuggia operava da servitore del re, non da cittadino. E perciò i giuramenti o non si devono fare, o si devono fare alla patria e alla legge; non alle persone dei principi(81).
Con siffatti comportamenti, il nostro capitano ci aveva perduta in due mesi la metà del regno. Gli restava da perdere l'altra metà; e già i nemici accennavano di traboccare a destra e sinistra del suo esercito.
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