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      Al 13 luglio l'esercito, che, dopo la presa di Peschiera, sembrava non aver più nessun disegno di guerra, e rimaner quasi ad aspettar le risoluzioni del nemico, cominciò ad allungare la sua destra fino alla foce del Mincio. Poi, come se una linea immobilmente stesa dal monte Baldo al Po, non fosse già in pericolo su tutti i punti, prese ad attorniare Mantova anche da settentrione e levante. Si voleva intraprenderne il blocco, ora che i predatori nemico avevano avuto più di tre mesi per empirla di vittovaglie.
      Li Austriaci avevano già preso animo di passare il Po, e ritentare il ducato di Modena, ove li scandali della fusione avevano scorato i generosi, e rimesso in credito i tristi. Perlochè il general Bava, il 17 luglio, si offerse al re di recarsi a quella volta. Ma mentre stava presso Borgoforte, studiando il luogo opportuno a fare un ponte, il comandante nemico Lichtenstein si ritirò di qua del fiume, accampandosi presso Ostilia. Pensò allora il Bava di liberare anche la foce del Mincio. Fatti pertanto imbarcare celatamente sul Po i bersaglieri del capitano Lions, s'incamminò egli stesso lungo l'argine con tre battaglioni, fiancheggiato a poca distanza dal general Trotti con un reggimento. Giunti al Mincio, intanto che i feritori e cannonieri impedivano al nemico di demolire il ponte di Governolo, i bersaglieri sbarcarono inaspettati dietro il ponte, e assalirono alle spalle il nemico; il quale, fuggendo allora verso Mantova, si trovò sotto i colpi del reggimento che il general Trotti aveva schierato lungo la destra del Mincio; e fu perseguitato inoltre da tre squadroni di cavalleria che passarono di corsa il ponte.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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