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      Furono presi quattrocento Austriaci, con otto officiali, due cannoni e una bandiera del reggimento Rukavina. Fu quello il fatto d'armi meglio pensato e più destramente eseguito di tutta la guerra; e fu l'ultimo raggio della fortuna. Il general Bava, che aveva pure comandato al passaggio del Mincio in Goito, mostrò in ambo i casi la perizia d'un generale di brigata; ma non appena era scorsa quella settimana, mostrò pur troppo di non saperne più oltre. E qui siamo ormai giunti alla battaglia che conchiuse infelicemente la guerra.
     
      Il 22 luglio, una moltitudine di nemici, che nel giorno antecedente erasi raccolta nell'alta valle dell'Adige, assalì alla Corona le brigate Pinarolo e Savona; le quali difesero per alcune ore quel posto, altretanto forte, quanto isolato e assurdo; e vista poi la sproporzione del numero, e il pericolo d'essere intercette, si ritirarono in buon ordine. Anzi strada facendo, il maggiore Danesio con rapida mossa avviluppò i Tirolesi, e sconcertò tutta la colonna nemica. Sopravenuto allora Sonnaz col rimanente di Savona, ripigliò la pugna; e quantunque non avesse ancora se non cinquemila uomini contro dodicimila, riprese Caprino; nel qual fatto un generale austriaco cadde ucciso. Ma Sonnaz, sospettando forse che il nemico cedesse non senza insidioso proposito il terreno, deliberò ritirarsi verso Peschiera.
      Infatti, quella stessa sera, sotto furioso temporale, uscivano tacitamente di Verona ventiquattro mila Austriaci, indirizzandosi in tre colonne verso il Mincio.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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