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      Ora che vedevasi il frutto dei pravi consigli, era il tempo omai d'ascoltarne altri più savii e più onesti.
      La ritirata sopra Villafranca, non ostante qualche molestia del nemico, fu fatta in buon ordine la sera stessa del 25. L'esercito era come un uomo che non sente ancora l'effetto d'una ferita mortale; egli è nella ritirata che siffatti mali si manifestano e si aggravano. Non si potè pigliar respiro. A mezzanotte si avviavano già verso Goito i meno affaticati, coi prigionieri, i feriti e li infelici abitanti di Villafranca. Alle due, tutto il campo era mosso colle sue salmerìe. Giunto in dodici ore al Mincio, vi s'incontrava col generale Sonnaz; il quale per un arcano ordine di cui nessuno si riconobbe autore, aveva lasciato senza contrasto ai nemici il posto di Volta(83).
      Il re non gli concesse riposo; gli comandò d'andare a riprender Volta. A qual prò? Vi giunse a sera, dopo tre ore di marcia; trovò annidati i nemici nelli orti e nelle case; li assaltò risolutamente con Savoia a sinistra e Savona a destra; li cacciò di muro in muro da tutta quella terra, combattendo fino a mezzanotte; molti soldati uscirono dalla mischia colle baionette infrante; si trovarono i cadaveri di cinquecento nemici. In mezzo alle tenebre e al fumo del combattimento e delli incendii, Novara cavalleria aveva urtato la nostra fanteria, e ferito e rovesciato in un fosso Broglia, generale della divisione. Un officiale tedesco si era avvisato d'ingannare i Savoiardi, gridando loro: a me, Savoia; e se li aveva condotti fin sotto la mitraglia; ma fu sterminato con tutti i suoi.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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