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      Infatti, anche senza ciò, in ottobre ventimila uomini, un quarto dell'esercito nemico, giaceva nelli ospedali.
      Raccomandai di scemare l'effetto dissolvente della fusione, col preporre alle guardie nazionali capi che si fossero mostrati alla prova nei combattimenti di marzo, in luogo di quelli che si erano nominati per libidine di setta, e fuori dell'aspettativa di nuovi cimenti. E per porgere ai meno bellicosi un titolo a ritirarsi onorevolmente, proposi che in ogni quartiere, a voto delle guardie stesse, si deputassero alcuni officiali alla cura delle vittovaglie, dei poveri e altretali cose, conservando pur loro il titolo e li spallini. Rendendo elettivi e ordinando per parochie questi officiali di pace, si poteva liberar la città anche dalla peste delle tre polizìe. E li uomini forti e sinceri avrebbero ripreso l'influenza che i facendieri perdevano.
      Proposi di richiamar subito dalle montagne i volontarii di Milano e delle città vicine. Era Milano il punto decisivo da salvarsi. E quanto più erano i volontarii, tanto men pretesto vi sarebbe a mettere in città i soldati del re.
      Tuttavia, richiamando i volontarii, non si dovevano lasciare aperte le valli, nè esposta da tergo la linea che si stendeva dal confine svizzero dello Stelvio sino a Peschiera. Proposi perciò d'istituire un'altra linea di punti forti, lungo lo sbocco di tutte le valli sulla pianura, da Peschiera sino al confine svizzero di Como. Così, con poco sforzo, la metà montuosa della Lombardia rimarrebbe involta e coperta da tutti i lati.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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