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      Picchiò e ripicchiò sulle parole campagna aperta; scrive un di loro. E parmi siasi messo di malumore, quando, anzichè vederci spaventati dall'imminenza d'una battaglia a sostenerci da noi novelli soldatucci, ci sentì tutti ad una voce promettere sulla vita nostra che nessuno si sarebbe mai ritirato dalle file; e che però noi lo pregavamo a lasciarci entrare nelle file stesse come semplici soldati, sostituendoci nel comando militari esperti
      .
      Era il nostro popolo per malignità dei governi disusato alla milizia; ma aveva nelle vene il sangue de' suoi padri, e la vicinanza del pericolo glielo accendeva. Onde fin dal giorno 3, voleva rialzare le barricate; e nei quartieri abitati dalla fervida plebe già vi si poneva mano. Ma il comitato fece bensì all'uopo qualche ordinamento, convenendo colli ingegneri, fra le altre cose, dei varchi da lasciare ai carri dei viveri e delle artiglierie; ma raccomandò ai cittadini d'attendere il segnale che si darebbe colle campane. Se nonchè, saputosi ciò dall'Olivieri, se ne dolse aspramente; e protestò che valendosi de' supremi suoi poteri, richiamerebbe i signori del comitato ai limiti del loro incarico, parendogli modo inopportuno di difesa, e impedimento anzichè aiuto a un esercito.
      Al matino del 4 udissi tuonare alle porte il cannone. Il popolo atterrito, "ma fieramente ansioso" dimandava le armi e le barricate, dimandava la campana a martello. Scrive uno dei comandanti della guardia nazionale: "Non ripeto qual entusiasmo destò in tutti il primo colpo di cannone.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





Olivieri