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      Io dovetti usare di quell'autorità che fino a quel punto non avevo mai conosciuto di avere, per rattener quelli che guidava al Dazio, i quali volevano correre disordinatamente al luogo ove il cannone li chiamava. In un batter d'occhio io ebbi al Dazio più di tre quinti del mio battaglione. Anche quelli della riserva, solo che fossero capaci di portar armi, corsero a me, pregandomi di non risparmiarli. Per tutta Milano era un'allegrissima gara d'onore".
      Fanti e Restelli, recatisi tosto dall'Olivieri, gli chiesero licenza di preparare ad ogni evento le barricate, anche per occupare coll'apparato e coll'opera della difesa l'animo dei cittadini. Il satellite ricalcitrava; diceva non doversi fomentare vani spaventi; essere indecoroso l'ingombrare di siffatti inciampi una città difesa già da 45 mila soldati. Pur tuttavia promise che, dovendosi trovare quel giorno a mensa col re, gliene avrebbe mosso parola.
      Quale insania era stata mai quella d'un popolo, che per sua virtù e per bontà di Dio essendo libero, s'era ridotto a implorare da quelli ignoti, a implorar quasi ginocchione sotto la loro mensa, la facoltà di difendere dai nemici la sua città !
      Quale slealtà in quelli officiali, che ancora al presente, e dopo che ogni speranza di far frode al vero dovrebb'essere in loro svanita, insultano ai vani sforzi che il nostro popolo faceva di svincolarsi dal regale tradimento ! "Nous nous attendions à voir arriver tous ces jeunes Milanais, qu'on nous avait représentés comme résolus à s'ensevelir sous les ruines de leur ville.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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