Venni abbracciato, egli scrive, da più di duecento persone, perchè le mie guide gridavano ch'io andava a far riprendere le ostilità; altri poi, che nulla sapevano della mia missione, mi copersero d'ogni sorta di villanie
(100).
La promessa del re fu accolta con tripudio da pochi insanabili; ma con tetro sospetto dai più. È fatto notevole, che non si udì fra tanto tumulto un grido solo che fosse di politica e non di guerra. Li amici della libertà tennero anche in quell'estremo la data fede; tennero il giuramento di guerra vinta, benchè perfidamente infranto dai settarii del re. Lo tengono ancora oggidì, citando il ministerio Gioberti a mandare in Roma i deputati del popolo a deliberare anzi tutto della guerra, e non d'altro finchè non sia vinta la guerra.
Frattanto i soldati sfilavano tacitamente lungo i bastioni, traendo seco anche le munizioni e le artiglierie dei cittadini. Si erano levati dalla zecca e si accompagnavano a Torino quattro millioni di metallo, fuso delli ori e argenti dei cittadini.
Il re doveva consegnar Milano, per avere l'impunità, e prendere a Piacenza un brano di conquista, una foglia del carciofo. Poteva farlo, perchè aveva i suoi soldati, e teneva dispersi i nostri; e ad ogni caso aveva anche i soldati del nemico. Da due giorni non v'era altra legale autorità che quella de' suoi commissarii. Il governo provisorio, tramutato in consulta con diritto di partecipare ad ogni trattato, non era quasi considerato per nulla nella capitolazione; non fu considerato poi nell'armistizio; avrebbe dovuto protestare contro il tradimento, dichiarare sciolto il paese da ogni vincolo verso il fedifrago re.
| |
Gioberti Roma Torino Milano Piacenza
|