Preferse di tacere, e di conservarsi con turpe silenzio un posto nella regia anticamera. Il re faceva spargere nello stesso tempo la falsa novella che l'esercito di Radetzki, per ausiliarii bavaresi e d'altri confederati, aveva centomila combattenti. I cittadini, appena riavuti da lungo delirio, sentivano pesarsi sull'animo la materiale impossibilità di resistere ad ambedue i nemici. Quelli che avevano venduto la libertà e le più care opinioni per la speme dell'indipendenza e per l'ombra della forza militare, erano attoniti e quasi insensati. Dov'era dunque il regno fortissimo dell'Alta Italia, dell'Italia Boreale, il cui solo nome scritto sui registri doveva esser pegno di vittoria e di pace perenne? In quella orribil notte, l'ansietà, la rabbia, la disperazione, e in molti il pentimento, tolsero di senno un centinaio di cittadini. Tutti poi, col cader della speranza, rinasceva la pietà dei figli e delle donne, e il pensiero della privata salvezza.
Intanto il Bava, giunto fra i soldati, trovò, che, udite le voci di tradimento e di morte, alcuni volevano che si entrasse di forza in città per salvare la vita al re. "Quale spettacolo avremmo noi presentato all'Europa, egli scrive, se in mezzo ad una pugna fratricida, fosse venuto Radetzki col suo esercito, per rimetter l'unione in una famiglia composta d'elementi così contrarii?"(101). Poteva aggiungere che Radetzki certamente si sarebbe messo col re; poichè il generale ha già confessato che avevano entrambi "RECIPROCO INTERESSE".
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