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      Ma deve conferire alle communi necessità e alle communi grandezze la debita parte; deve sedere con sovrana e libera rappresentanza nel congresso fraterno di tutta la nazione; e deliberare in commune le leggi che preparano, nell'intima coordinazione e uniformità delle parti, la indistruttibile unità e coesione del tutto. Finchè l'Italia avrà governi sconnessi, muniti di forze ineguali, infetti dalla barbarica ambizione d'assoggettarsi i vicini, la parte debole o corrotta sarà sempre tentata d'invocare contro il fratello la spada straniera; e si ripeterebbe eternamente la scelerata istoria della nostra servitù. Non v'è modo a obliterare le diseguaglianze, e disarmare le ambizioni e le insidie dei reguli d'Italia e dei municipii, se non la mutua tutela d'un congresso nazionale; essendochè i deboli vi costituiranno sempre la maggioranza; e perciò il voto uscirà sempre propizio all'equità e avverso alla prepotenza. E non vi è grandezza, nè forza, nè maestà che sia maggiore di quella dell'universa nazione. Solo l'Italia può parlare da eguale alla Germania, alla Francia, all'Inghilterra.
      L'unità nazionale si manifestò già certa in quell'istante in cui tutta Italia rispose all'invito che si commise all'ale dei venti dalla assediata Milano. Chi sperava prima d'allora nelle armi dei Toscani? Chi li aveva attesi sul campo ove quei magnanimi giovani si diedero in sacrificio all'Italia? E i Tirolesi non disdegnarono essi le loro memorie semigermaniche per dirsi figli primigenii della vetusta Etruria, e patire piuttosto con noi, che trionfare coi nostri nemici?


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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