E' giā il triplo dell'esercito nemico; e col favore dei popoli frementi e d'un cielo che divora li eserciti stranieri, e d'una terra munita di monti, di lagune, di maremme, di fiumi, di canali, d'isole, d'inespugnabili cittā, come potrebbe non vincere? Come potrebbe il nemico sdraiarsi per le nostre terre a suggerne l'adipe agiatamente? E se non vivesse a nostre spese, come potrebbe nella nativa sua povertā, e nello sperpero delle sue finanze, alimentare lungamente un grosso esercito sulle balze del Tirolo e della Carintia, o dentro le accerchiate fortezze? Anzi potrebbe una parte dei nostri combattenti, eguale a quella ch'esso tiene in casa nostra, varcare le Alpi o l'Adriatico. E sarebbe tempo di fare com'esso fa, e come facevano i nostri antichi, quando combattevano Cartagine in Africa, e armavano a suo danno li Africani. Tragittare in Istria; in Dalmazia; cacciarlo da Pola; gettare tra i Croati la scintilla sacra; riconciliarli al Magiaro; farli una volta mercenarii della libertā.
Nč si dica che l'Italia non abbia quel numero di soldati. Il Piemonte ha il doppio forse della parte sua, che sarebbe incirca 48 mila. Venezia ha certo i suoi 22 mila; i suoi 28 mila la Lombardia, anche senza noverare quelli che una prima vittoria riscatterebbe dalle verghe nemiche. Il Trentino ne avrebbe a dare 3 mila; Istria e Dalmazia 8 mila; 5 mila Modena; 5 mila Parma; 18 mila la Toscana; 29 mila Roma; 64 mila Napoli, che senza dubbio li ha, e 20 mila la Sicilia. E se ciascuno di queste regioni ne desse solo la metā, sarebbe ancora un numero assai maggiore di quello dei nemici.
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