Infine egli intraprese a stringere del tutto la repùblica fiorentina, occupando con dòdici mila cavalli e diciottomila fanti tutti i passi dell'Apennino e dell'Arno. Voleva dopo la vittoria comparire ei medèsimo in Firenze, incoronarsi re d'Italia, quando la morte dissipò tutti i sogni di quella grandezza.
Più magnànimo che assennato, egli non vide con quali interni vìncoli si stabilìscono i regni; e morendo divise il dominio a tre figli minorenni; nè lasciò loro altra sicurtà che la fede dei conduttieri. Tosto fu messo in brani lo Stato; i Cavalcabò si fècero signori a Cremona, i Benzoni a Crema, i Rusca a Como, i Sacchi a Bellinzona, i Vignati a Lodi, i Suardi a Bèrgamo, i Malatesti a Brescia, i Terzi a Reggio e Parma e Piacenza; Facino a Novara e Tortona e Alessandria; Siena tornò libera; il Monferrato ebbe Vercelli; e la vèdova di Galeazzo, per amicarsi i Vèneti, cedè loro Verona, Vicenza, Feltre, Belluno; e allora cominciò il dominio vèneto in Terraferma, e un'era novella per quella repùblica. Il solo Jàcopo dal Verme ebbe pari il valore e la fedeltà. La discordia penetrò nella famiglia ducale e nel consiglio secreto; Bucicault, luogotenente di Francia a Gènova, chiamato, occupò Milano, spogliò i cittadini, falsò le monete, e venne discacciato. Il giòvine duca, libertino e crudele come Nerone, fu pugnalato da uno stuolo di patrizi. Allora Filippo Visconti, sposando Beatrice Tenda, vèdova del conduttiero Facino, acquistò le sue armi e le sue fortezze; e tosto con miràbile velocità riebbe Vercelli, Como, Lodi, Crema, Bèrgamo, Brescia, Parma, Piacenza, Gènova, Savona, Imola, Faenza e Forlì. - Bisogna che le città una volta assoggettate o si facèssero propense a quel dominio, più aspro che maligno, e veramente benèvolo all'ùmile industria e ai lontani commercj, o fossero attratte dalla vasta mole; le amministrazioni èrano pur sempre municipali; e pareva migliore un prìncipe grande e lontano, che un vicino e bisognoso oppressore.
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