La rete d'una polìtica inestricàbile inviluppò mani e piedi alla nazione, che fu da inetti nemici barbaramente spogliata e insanguinata. Lo Stato sforzesco era una raunanza di municipj senza nodo di consenso; anche le menti migliori pensàvano alla propria città, nessuna alle altre, nessuna allo Stato. E sempre risurgeva la fatale difficultà d'un governo, che, non avendo radice nelle tradizioni e nelle opinioni, non nutriva fiducia nei sùdditi; li amava più divisi che unànimi; più inermi e dappoco, che guerrieri e risoluti; riponeva sempre il sommo della speranza nelle castella e negli uòmini comprati. E gli Svìzzeri, comprati da Ludovico il Moro, a Novara lo vendèttero a' suoi nemici. In pochi anni tutte le città vènnero saccheggiate e contaminate ad una ad una. Lodi in trent'anni circa fu presa quìndici volte: fu saccheggiata da Svìzzeri, da Spagnoli; fu campo di battaglia tra Spagnoli e Vèneti. Le famiglie seminude fuggivano a Crema. Durante la lega di Cambray, i Cremaschi, disperando della fortuna di Venezia, accettàrono presidio francese: ma vènnero disarmati e depredati; si cacciàrono dalla città tutti gli uòmini dai 15 ai 60 anni. Cittadini e contadini la riprèsero allora valorosamente ai Francesi; assediati di nuovo dagli Svìzzeri, li sorprèsero e tagliàrono a pezzi a Ombriano. Ma la guerra aveva desolato le campagne, e dissipati i capitali; e la peste in così angusto territorio divorò 16,000 persone. Le donne, i fanciulli, le monache stesse fuggivano d'ogni parte a Lodi; non si può dire in quale delle due città si vivesse peggio.
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