Il più lungo strazio fu in Milano, ove, dopo una pestilenza che aveva distrutto cinquantamila abitanti, gli Spagnoli imperversàvano rubando, uccidendo, estorcendo denaro colle catene e coi tormenti, prendendo in pegno le donne, costringèndole a portar terra alle fortificazioni, spogliando ignudi la notte quanti incontràvano per le vie, scalando le finestre, e trucidando chi gridasse o resistesse. Le nazioni che fècero sì indegno scempio d'un pòpolo che non le aveva offese, e che colle arti, colle lèttere, colla scoperta d'un nuovo mondo le onorava e beneficava, non hanno veramente a rispòndere di quegli eccessi ora troppo lontani e sommersi tra le memorie del passato; ma dovrèbbero almeno vergognarsi di vituperarne le vìttime e di commendarne gli autori.
XXXIV.
Il ducato non mancava di forze militari; aveva tesori d'industria, tesori di crèdito; ancora le vie di Parigi e di Londra pòrtano il nome de' banchieri lombardi; lombardo in Francia suonava banchiere; e chi aveva denaro aveva soldati. Non era il pòpolo di Francia che combatteva le battaglie de' suoi re. Quando Francesco discese in Italia, aveva 22 mila fanti tedeschi, e poche centinaja di gendarmi francesi; e ancora in quel corpo non francese, l'anima, la mente era italiana; era Trivulzio, l'implacàbile nemico della fortuna sforzesca. Trivulzio deluse gli Svìzzeri che avèvano chiuse le alpi, finse d'avviarsi per le consuete vie; ne divisò altre nuove e inaccesse; scavò le rupi come Annibale; trasse i cannoni a braccia come Napoleone; come falco che piomba dalle nubi, sorprese Pròspero Colonna seduto ne' quartieri di Villafranca; con una corsa senza battaglie mise il re di Francia in Milano.
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