I Visconti non pòsero mai piede in Màntova; l'assalìrono sempre indarno, anche quando, con otto mesi di lavoro, tentàrono sviare il Mincio, e disarmare delle aque la città. I Gonzaga, prodi conduttieri, prestando il braccio ora ai Visconti medèsimi, ora ai Vèneti, ai Fiorentini, ai Francesi, agli Spagnoli, dièdero perizia d'armi ai loro seguaci, e sembiante di potenza militare al piccolo Stato, posto così a traverso al Mincio e al Po. Francesco, l'amico di Carmagnola, ebbe il tìtolo di marchese di Màntova. Federico, che difese Pavìa contro il re Francesco, ebbe il Monferrato in dote di Margherita Paleòloga, e il tìtolo di duca; Ludovico divenne in Francia duca di Névers, combattè cogli Inglesi, respinse da Parigi il prode Coligny; Vincenzo combattè sul Danubio coi Turchi.
Era la sicura Màntova piena d'industria e di commercj; vantava splèndidi ingegni, fra cui basti menzionare Pomponacio, che primo fra i moderni propose i più sublimi dubj sulla necessità e la libertà. Il Mantegna e Giulio Romano èrano chiamati a dipìngere le basìliche del pòpolo e le ville dei duchi; vi si era diffuso un amore d'eleganza e di voluttà, che agli altri Italiani, agitati da continui perìcoli, pareva quella una terra di sirene. E così la stirpe guerriera dei Gonzaga si estinse nella mollezza. - Venne di Francia Carlo di Rhétel, discendente dei Névers; ma l'imperio non volle in un Francese un principato ch'era fèudo dell'imperio; scoppiò la guerra; la città non più agguerrita, desolata dalle fazioni e dai contagj, appena le mancàrono i soccorsi vèneti, si arrese; ma non si ricomprò da un atroce saccheggio, che straziò i tesori delle arti e sperperò il commercio.
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