- La nostra patria doveva risùrgere.
XXXIX.
Al principio del sècolo XVIII era miràbile il fermento che si vedeva nelle nazioni. La Russia si era desta dal sonno dei sècoli; la Prussia era un regno; la stirpe britànnica surgeva a inaspettata potenza, fondava un imperio nelle Indie, e un altro e più glorioso in Amèrica. Il ducato di Milano si era finalmente distaccato dal cadàvere spagnolo, e ricongiunto all'Europa vivente. I dominj austriaci, varj di lingua, e dissociati di civiltà, cominciàrono ad èssere uno Stato, e possedere un principio d'amministrazione e d'unità. Ma se lo spìrito del sècolo e l'ànimo della Regnante additàvano le grandi vie del ben pùblico e della prosperità, gli esperimenti èrano ardui. Nelle provincie germàniche, slave e ungàriche rara la popolazione, rare le città, poche tracce o nessuna d'incivilimento più antico, isolata la posizione su le frontiere di nazioni bàrbare. In Fiandra v'èrano città lavoratrici e ubertose campagne, e vicinanza di nazioni progressive; ma lo spirito dei pòpoli era provinciale, tenace, diffidente. La Lombardia, che già sentiva l'àura del tempo che veniva, e nella sua miseria era pur sempre una terra di promissione, e aveva un pòpolo di mente aperta e d'ànimo caldo e sensitivo, parve ai zelatori del bene come uno di quei campi eletti, in cui l'agricultore fa prova di qualche novella semente. È un fatto ignoto all'Europa, ma è pur vero: mentre la Francia s'inebriava indarno dei nuovi pensieri, e annunciava all'Europa un'era nuova, che poi non riesciva a còmpiere se non attraverso al più sanguinoso sovvertimento, l'ùmile Milano cominciava un quarto stadio di progresso, confidata a un consesso di magistrati, ch'èrano al tempo stesso una scuola di pensatori.
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