Ma l'istoria delle scienze fa troppo contraria testimonianza. Se l'India ci diede le cifre decimali, se li Arabi ci diedero il concetto o almeno il nome dell'algebra, e della chimica; il logaritmo fu ideato nell'estrema Scozia; Newton, l'interprete delle leggi delli astri, visse nel più nebuloso dei climi; e Linneo, che unificò nell'idea del fiore tutto il regno vegetale, visse tra le nevi della Svezia. A parte dunque i climi!
Più accetta, ancora ai nostri giorni, è la dottrina che reputa il genio scientifico un distintivo di certe stirpi. È chiaro che, ciò pensando, ogni popolo tende ad adular sè stesso. È una forma della boria delle nazioni (Vico).
Questa naturale e antica ipotesi dei popoli eletti acquistò nuova forza dalle due novelle scienze che sursero dall'applicazione della botanica e della zoologia alla geografia. Come ad ogni regione del globo fu data una propria flora e una propria fauna, come certe specie, indigene ad una terra, rappresentano altre specie dello stesso genere, negate a quella regione e concesse ad un'altra, così pure, a complemento di tali varietà della creazione, una più ardita ipotesi assegna in origine ad ogni terra una diversa specie del genere umano. Certe varietà, o certe miscele di più varietà, sarebbero riescite più valide di corpo o d'intendimento e atte ad espandersi più poderose sulla terra, distruggendo o confondendo seco o in ambo i modi obliterando le altre stirpi primeve. E così si sarebbero costituite quelle stirpi che sole si potrebbero designare col nome di specie pensante: Homo sapiens.
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