Vi sono entro di noi certe forze alle quali noi non abbiamo assegnato parte veruna nell'origine delle nostre idee, e le quali anzi si considerano come estranie all'intelletto; e tuttavia, se scrutiamo i fatti, troviamo essere state coefficienti potentissimi d'ogni nostro lavoro scientifico.
Considerate l'istinto. L'istinto è la facultà di compiere certi atti senza previa cognizione. L'istinto è l'azione senza l'idea. È una facultà che per ciò appunto può dirsi estrania all'intelletto. Eppure molti degli istinti nostri non possono dirsi superflui ed indifferenti alla complessiva elaborazione del nostro sapere.
Colui che trovò il primo teorema della geometria, avrebbe potuto inventare anche il secondo e il terzo, avrebbe potuto compiere tutta la scienza. Ma la vita dell'uomo ha un limite; il breve suo lavoro vien troncato dalla morte. Bisognò dunque che ad un geometra succedesse un altro e un altro, raccogliendo ciascuno l'eredità del suo predecessore, sicché alla fine tutta la catena delle verità ch'erano a dimostrarsi rimanesse compiuta. Fu dunque necessario che la scienza divenisse una tradizione in seno ad una stabile società.
Talete vide nell'acqua l'elemento per eccellenza. Noi vediamo nell'aqua una combinazione; noi ne siamo certi, perché possiamo disfarla e rifarla: il vero è il fatto, dice Vico. Avrebbe potuto Talete ne' tempi suoi pervenire a tanto? Da Talete a Lavoisier corsero ventiquattro secoli, seco portando tutto il lavoro della scienza degli antichi Greci, delli Arabi e dei moderni.
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