Le società umane, nelle ubertose valli lungo i grandi fiumi e i laghi si vennero associando e moltiplicando, si sparsero in altre regioni, trovarono altri frutti, scopersero i grani, domarono il cavallo e il toro, inventarono il carro; e la fantasia prosegue mano mano il suo lavoro; donò i cavalli e il carro anche al sole, alla luna, all'aurora, alla notte.
Così colle conquiste del senso e della ragione crebbe anche l'eredità dei sogni. La scoperta non poteva luttare colla tradizione dell'errore nel cui seno veniva insensibilmente e quasi secretamente nascendo. Sempre la fantasia tenne la più larga parte del sistema sociale in tutto ciò che non cade rettamente sotto il criterio del senso; è la verità che apparve alle moltitudini come un sogno. Non è vero che anche oggidì la chiamiamo spesso utopia? Il padre Caccino poté deridere Galileo in faccia a' suoi cittadini: Viri Galilei quid statis adspicientes in cælum? E Democrito, l'uomo di genio che primo vide nella Via Lattea una miriade d'astri lontani, parve l'uomo che parlasse solo per deridere chi l'ascoltava. Verità pareva alle moltitudini che la Via Lattea fosse traccia di latte sparso dalla Dea dell'aere; ovvero che fosse un solco della campagna celeste riarso dal carro vagabondo del figlio del sole; e ai sagaci e gravi Romani, Ovidio poté ripetere ancora ch'era la gran via che conduce i celesti alla reggia di Giove
Hac iter est superis ad magni tecta Tonantis.
E noi pure, noi, nel ripetere questi eleganti sogni sentiamo nella mente non so quale voluttà.
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