Un piacevole esempio leggiamo in un notissimo coetaneo di Macchiavello, di due avversarj che sedevano in consiglio a Firenze: "L'uno d'essi, il quale era di casa Altoviti, dormiva; e quello che gli sedeva vicino, per ridere, benché il suo avversario, che era di casa Alamanni, non parlasse, né avesse parlato, toccandolo col cubito lo risvegliò e disse: Non odi tu ciò che il tale dice? rispondi, che i signori domandano del parer tuo. - Allor l'Altoviti tutto sonnacchioso, e senza pensar altro, si levò in piedi, e disse: Signori, io dico tutto il contrario di quello che ha detto l'Alamanni. - Rispose l'Alamanni: Oh io non ho detto nulla. - Subito disse l'Altoviti: Di quello che tu dirai".
Ecco un uomo determinato dalla mera presenza di un avversario a impugnare una idea già prima d'averla percepita. Una setta ha già negato in suo proposito tutto ciò che il partito avverso sta per produrre. Ma non può dare alla sua negativa una forma razionale senza trar fuori tutte le sue forze dormenti e svolgere un pensiero al quale altrimenti non sarebbe giunta; e questi, viceversa, diviene il primo motore d'un successivo sforzo dell'avversario. Ogni obiezione comanda una risposta; ogni ragionamento comanda un ragionamento logicamente correlativo, che stringe in amplesso inseparabile le opposte idee. I ragionatori, al cospetto della passione, sono combattenti; al cospetto dell'idea, sono fabbri che martellano uno stesso ferro; sono ciechi strumenti d'un'opera commune. Ogni nuovo sforzo aggiunge un anello alla catena che trascina ambe parti nel vortice della verità.
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