Poiché quella veste commune rende comparabili fra loro e commutabili anche quei concetti che a prima vista potevano apparir privi d'ogni intima relazione. E così nella confusione del superficiale e del vario, la mente può discernere l'identico, il costante, l'essenziale, il certo.
Un'analisi ordinata procede dalle cose più ovvie ed evidenti alle più astruse; nel che sta il principio d'ogni dimostrazione e d'ogni insegnamento.
Un'analisi può dirsi intera, quando con certa equabile profondità si estende a tutto un certo campo d'osservazione; cioè ad un dato essere o fenomeno o complesso di esseri o fenomeni e a tutte le loro parti, qualità e relazioni, entro quella misura e secondo quel fine che l'osservatore si prefigge. Un'analisi di terre che basta ad un fabricatore di tegole, non basta ad un fabricatore di porcellane. E l'analisi può tornare all'opera; può raccogliere nello stesso campo altra serie di percezioni. Essa non ha limiti assegnabili in modo assoluto e universale. Ma eziandio nel più augusto cerchio, in quanto l'analisi tutto non lo abbracci con eguale profondità, le parti osservate restano confuse colle neglette o inaccesse. A supplir questa interviene allora coi mille suoi spettri l'imaginazione. Da quel momento in tutte le successive elaborazioni dell'intelletto il vero s'intesse col falso, finché l'opera d'un'analisi interna e fedele non venga ripresa dalla posterità. È per tal modo che nella scienza primitiva li audaci voli dell'imaginazione soverchiano il lento passo dell'osservazione.
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