Poiché, quando un accusato, per tutta difesa, si limita a negare vomitando sull’accusatore improperi, è ben lecito e giusto di cercare anzitutto, nelle sue note caratteristiche, il peso ed il valore delle negative.
Cerchiamole dunque. Ma prima di tutto una parola a quei tali i qual tiran fuori - niente altro potendo - la solita storiella ch’io parli di cose sul Crispi a me già note, quand’ero ancora in buoni rapporti con lui. No cari signori, v’ingannate: sono anni che combatto Crispi, ma non lo conoscevo, non l’ho conosciuto prima dell’autunno e del dicembre scorso il Crispi che a me oggi sta innanzi nella sua trista figura morale. Quando entrai nella Camera a trent’anni, sapevo di lui le sue pagine parlamentari: gli volevo bene per quelle, e per ciò che credevo delle sue pagine di storia, non avendo pensato ad appurarle mai. Quando scoppiò lo scandalo del 1878, e tutti gli furon sopra, domandai per lui il diritto di difesa come lo domandavo al 14 del dicembre scorso; poi tacqui, perché allora egli accettò la sua posizione di imputato: e rispettò la condanna dell’opinione pubblica: e perché un errore - quand’è creduto il solo - non basta a distruggere il giudizio su la vita intera di un uomo. Più tardi, al governo, dall’88 al ’90 lo conobbi bugiardo, dissimulatore, violento, prepotente: e niuna lotta più acerba è notoria di quella fra lui e me dal 1888 al 1890; ma sopravviveva la stima per alcune qualità dell’uomo, e troppe altre cose ignoravo di lui. Nel dicembre, a Molfetta, saputolo tornato al potere provai una stretta dell’anima: rividi nella mente il 1889 e il 1890 il che non mi tolse di dargli - da lui richiesto - il mio avviso, e di negargli il mio voto e combatterlo da capo, appena lo vidi rifar la strada antica.
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