che il Palomba rispose promettendo che avrebbe mandato il fratel suo, avvocato Palomba, dal ministro Miceli;
che con lettera successiva il Palomba dichiarava esser meglio dirigersi direttamente a Crispi; e che da qui cominciava il carteggio con Crispi, con una lettera di Reinach, scongiurantelo a ottenergli per la sua quiete morale e materiale, la decorazione in parola.
Infine l’Italia Reale pubblicava un estratto della lettera Reinach, accompagnante il 24 marzo 50.000 franchi a Crispi, nonché la lettera di Crispi accusantene ricevuta.
Ecco giunto finalmente, non è vero?, il momento pel signor Crispi e per la sua Riforma di difendersi! Eccolo giunto il momento di dare una risposta stritolante, di quelle che dà e sa dare ogni galantuomo, quando si trova faccia faccia colla calunnia!
La Riforma - cioè Crispi - (nel n. 82 del 22-23 marzo 1893) risponde che “tutto questo è una vile menzogna come tutti possono scorgere a prima vista, confrontando i pretesi fatti e le pretese lettere con le date”.
E per prova che tutto questo è una vile menzogna, la Riforma..., confuta le date? ohibò; confuta le lettere? ohibò! Per tutta prova la Riforma - cioè Crispi - oppone questo argomento unico, schiacciante: “E fatto accertato e notorio che fu l’onorevole Crispi stesso a non dar corso al decreto per la decorazione di Herz”.
È chiaro?
Per essere più chiaro ancora, il Crispi in persona, al Comandini ripete formalmente e conferma che “il decreto fu lacerato da lui Crispi, mentre era ancora ministro dimissionario”.
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