Tutto ciò per una nomina tenuta nascosta al Consiglio dell’Ordine, ottenuta con una bugia e in base ad un rapporto bugiardamente mutilato.
Altro che gli scrupoli meticolosi e lo andare col piè di piombo della lettera del 25 luglio!
Il Berti ebbe un bel protestare che non era possibile, che ci volevano al solito una quindicina di giorni, che, anche a far prestissimo, parecchi dì abbisognavano: Francesco Crispi non intendeva ragioni. Voleva ad ogni costo in giornata registrazione e copia per l’interessato, e Domenico Berti chinò la testa promettendogli che in giornata l’avrebbe. E così fu.
E qui, ad illustrare la buona fede del signor Crispi, ritorna edificante il confronto fra la prima audace smentita della Riforma e quella di poi, quando le lettere dell’Italia Reale l’obbligarono a ringoiarsela.
Al 23 marzo 1893 la Riforma stampava esser tutta una vile menzogna ed “essere fatto notorio ed accertato che fu l’on. Crispi stesso a non dar corso (!) alla decorazione di Herz”.
Al 29 marzo, sei giorni dopo, messa al muro, confessava pudicamente: “Fece l’on. Crispi, negli ultimi giorni del suo ministero, firmare il decreto, la cui copia gli fu trasmessa il 6 febbraio”.
Oh pudica Riforma! Ti vergogni tanto di dir chiaro che tutto avvenne, decreto e consegna, in un giorno solo e medesimo, tanta era la furia di tuo zio! e che la copia “che gli fu trasmessa” fu il Crispi in persona a pretenderla, appena avuta la firma in tasca e che quel dì 7 il suo ministero (!) era caduto da sette giorni!
Non restò che aver pazienza ed attendere le informazioni di Ressmann da Parigi, sperando che almeno confermassero trattarsi di un favore a Freycinet.
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