Altro che evidente! Avendolo sospeso, il decreto, - come essa dice - prima del 9 ed essendo stato firmato il 7 - il Crispi non attese neanche il tempo per scrivere a Parigi! - non ha fatto che farlo firmare, prenderlo dalle mani del re e stracciarlo!!! Un gusto come un altro. Ma che si vuole di più? C’è là, stampata la lettera del signor Crispi del 4 maggio 1891, dove prega il Reinach di non più insistere, perché è venuto un rapporto contrario! È vero che la lettera è del 4 maggio, ossia di nientemeno che tre mesi dopo; ma la risoluzione, non c’è ombra di dubbio, Crispi l’ha presa prima del 9 febbraio. Lo dice lui e tanto basta.
Vediamo dunque in che modo il signor Crispi, appena avute le informazioni diverse, si affrettava a lacerare il decreto.
Giunto che fu il rapporto sfavorevole del Ressmann, capitava il dì appresso a Domenico Berti la visita del commendatore Rattazzi, ministro della Real Casa (possiam fargli il nome, perché già fu detto dall’on. Di Rudinì davanti ai Sette, e al Di Rudinì, come vedremo, il Rattazzi, per debito d’ufficio, dové narrare ogni cosa); e, d’incarico del re, significava al Berti le notizie arrivate da Ressmann, e la necessità che egli si recasse dal Crispi, per fargli restituire il diploma. Il Berti, all’annuncio, per poco non isviene dalla emozione. Dice che ormai è cosa fatta, che non v’era più rimedio, che il tornarci sopra poteva esser peggio, e che ad ogni modo lui non sentivasi di andar ad affrontare il Crispi: insomma, scongiura di dispensarnelo.
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