Il Crispi, confuso e colto in fallo, si rimangia una parte delle sue parole, si degna convenire che il rapporto Menabrea non è tutto favorevole (figurarsi poi che cosa sarebbe stato, se Menabrea nel mentre lo dettava non fosse stato debitore dell’Herz!) ma, aggiunge, che infine qualche cosa di favorevole ci si trova (sfido io!) e promette di mandargli le informazioni trascritte, perché anche S.M. si persuada.
Insomma di fargli restituire il diploma neanche quella seconda volta non vi fu verso! Altro che stracciar il decreto non appena giunte le informazioni contrarie! Arrivano di fatti, il di appresso, al Rattazzi i famosi estratti delle informazioni del rapporto. Inutile il dire che le cattive erano state omesse! Altra visita inutile; altra resistenza del Crispi che piglia tempo qualche giorno ancora. Ma qui dobbiamo far pausa un istante, e aprire una parentesi, perché qui si intercala un curioso intermezzo che, da quanto narrai, riceve finalmente la spiegazione.
Evidentemente le cose pel Crispi si imbrogliavano. Le insistenze del Rattazzi, nel compimento del suo dovere, mettevano il Crispi colle spalle al muro. Quel caro Reinach, per amor del quale si era così compromesso, lo aveva posto in un gran brutto impiccio: chi sa (voi direte) in cuor suo quante imprecazioni doveva mandargli! Ohibò! Proprio in quei giorni che il Rattazzi lo tormentava, era venuta a Crispi la felice ispirazione di telegrafare al Reinach a Parigi, di venire ad intendersi a viva voce.
È telegramma, del resto non più negato, che I’ Y. della Italia Reale ebbe nelle proprie mani.
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