Il Crispi e il Rattazzi stavano seduti. Alla strana, inattesa, esibizione il Rattazzi si alzò da sedere e con un gesto della mano repulsivo, significantissimo, disse al Crispi:
“Ah no, la prego! Per carità non tiri fuori di quella roba. A prendere del denaro di Francia per una decorazione italiana, che direbbero i francesi di noi?”.
E Crispi: “È una lezione che lei mi vuol dare?” (testuale).
Rattazzi: “Non è una lezione. Le dico che il decoro del re, del Governo italiano, del Paese ne va di mezzo e la invito, ancora un’ultima volta, in nome del re, che lo vuole, a restituirmi il diploma”.
Crispi: “No: questo no. Né oggi, né mai”.
Rattazzi comprese che era tempo perso: troncò il colloquio e andò a render conto al ministro Di Rudinì della scenata.
Rudinì comprese che bisognava finirla: appoggiò la decisione del re e S.M. il re dispose che il decreto non avesse corso.
Ora, a maggiore conferma del racconto, possiamo qui ripigliare il resto dell’interrogatorio Di Rudinì, davanti il Comitato dei Sette.
Interrogatorio Di Rudinì.
“Tornò Rattazzi e mi disse che Crispi insisteva dicendo che Herz avrebbe elargito L.60.000 all’Ospedale Mauriziano, e che S.M. resisteva. Risposi che S.M. aveva, per me, ragione di resistere e seppi poi che S.M. aveva ritirato il decreto. Del resto io non conoscevo l’Herz e la ragione della mia opposizione si deve alla mia costante ripugnanza a conferire onorificenze a stranieri, specie quando vi sia di mezzo come forma di corrispettivo il denaro...
Infine tutto il merito della non conferita onorificenza all’Herz si deve al re.
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