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E in quest’affare non ci è che dire, la correttezza del Re fu appena uguale alla sua pazienza! Così, e in questo modo, Crispi, informato delle notizie sfavorevoli sull’Herz, “aveva lacerato il decreto”!
Ma domando io: se la resistenza del signor Crispi fosse stata onesta e lecita, perché negarla così spudoratamente?
E, colto in flagrante colla sua menzogna, che bisogno di altro per giudicar le restanti? A che serve tentare ancora negar le lettere dell’Italia Reale chiamate al primo giorno tutte false, dopo che per propria difesa vi siete ridotti ad ammetterne e confessarne parecchie?
O non dirle tutte false prima, o confessarle tutte vere poi.
Dove siano d’altronde andate a finire le 60.000 lire mostrate da Crispi al comm. Rattazzi è un quesito che l’Opinione ha voluto porre a sé medesima. Io non lo pongo, poiché mi occupo solo delle cose che so e che mi risultano certe e provate.
Perciò, qualunque sia stata la fine delle 60.000 lire che erano quel dì già in mano al Crispi, (rispettiamo l’impenetrabile segreto e ammettiamo che Crispi abbia aperto la finestra e fattele volar via) io mi occupo di quell’altre 50.000, posteriori, su cui di dubbio non ce ne resta più. E, se un’ombra ne restasse, basterebbe a dissiparla il sentire l’onesto accusato, scoperto bugiardo a quel modo, in tutte le difese sue, dalla prima all’ultima, l’onesto dilettante di testimonianze false e di falsi, ricorrere all’ultima ratio e gridare: “Mostratemi il foglio dove io l’abbia confessato!”.
No, no, onesto accusato: questo nei casi tuoi, non si usa.
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