Non ai 4 di maggio, ma ai 4 di marzo la dovevi scrivere quella lettera, e una lettera in quei termini non la scrive che chi ha perduto il diritto di dire le sue ragioni.
Una lettera, come quella, poteva scriverla soltanto chi, avendo al Reinach il 5 marzo taciuto ogni cosa, nascostogli che il re rivoleva il diploma, lasciava partire il Reinach nella illusione, e accettava che egli mandasse due settimane ancora dopo - quando il decreto non era più! - 50.000 lire per le spese di cancelleria del medesimo!
Evvia: io non cerco nel codice come si chiamano di queste cose. – Mi limito a dire che c’è un Dio - non so se sia quello di Napoli; - ma un Dio certamente, che punisce i colpevoli e che ha suggerito al signor Crispi di stampare - credendo di difendersi - la lettera accusatrice del
24 maggio!
Poiché era ben chiaro che un dì o l’altro bisognava pur scriverla! Non vedendo mai venir nulla, il Reinach e l’Herz si sarebbero stancati, e il dì che dovette confessare, il signor Crispi, nei panni suoi, non poteva pigliarli che colle buone.
Anzi ancor più che colle buone! poiché, giunti qui al termine dell’istoria, possiamo rifarci al principio: a quella intervista del gennaio 1893 col redattore della Tribuna, dove Crispi lasciossi sfuggire essersi trovato a Ginevra con Herz all’Hotel de la Paix e aver pranzato insieme da buoni amici. E siccome è presto e facilmente accertato che l’incontro fu estivo, cioè posteriore alla lettera 4 maggio, non restami che ammirare questa affettuosa, incrollabile, insuperabile amicizia, resistita nel cuore dell’ex ministro ai disinganni sull’amico suo e alle pessime e perfide informazioni sul di lui conto mandate da quel tristo di Ressmann, che avean fatto lacerare il decreto, ma per tener testa alle quali l’amico devoto non aveva esitato a tener testa anche al re!
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