Io sì, se fossi stato coi deputati calabri, insolentiti nell’ora in che compivano un dovere, glie l’avrei ridotta alle proporzioni vere e modeste la sua parte in quei giorni, per la Sicilia gloriosi, che ebbero - meno male! - virtù di convertire alla nuova fede il postulante delle udienze borboniche: in quella insurrezione, di cui ebbe il coraggio di farsi, dai suoi scribi adulatori pagati, dipingere come l’anima e la mente, il capo (!)- mentre il general Filangeri, sottomettendo Palermo, non gli fece neanche l’onore di comprenderlo nei 43 gloriosi esclusi dalla piena generale amnistia!
E gli avrei ricordato i vanti non meno grottescamente bugiardi con cui della Impresa dei Mille, tentò sfrondare - nei pagati panegirici - la gloria al gran duce e appropriarsi il vanto di iniziatore, preparatore, organizzatore dell’impresa rivendicato da Garibaldi unicamente a Rosalino Pilo, a Nino Bixio, a Bertani! quale fu la sua parte vera nelle battaglie che non lo videro e di cui si fece spacciare persino il genio strategico!
Questo avrei detto io, l’umile, io l’ultimo dei fantaccini di Milazzo, al glorioso sostitutor di Garibaldi.
Ma è una storia che riserberò - documentandola - ad altro tempo, se occorrerà, perché mi accorgo che la nausea mi ha già tratto troppo lunga digressione. [...]
CONCLUSIONE
So benissimo che a Francesco Crispi, ai suoi tempi e a quelli d’ora, per accusare, nonché un uomo, tutto intero un partito, sarebbe bastata nemmen la centesima parte di quanto ho dovuto in queste pagine ricordare.
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