Questo era a punto l'età mia di diciannove anni, insieme col millesimo. Giunti che noi fummo in Roma, subito mi messi a bottega con uno maestro, che si domandava Firenzola. Questo aveva nome Giovanni e era da Firenzuola di Lombardia, ed era valentissimo uomo di lavorare di vasellami e cose grosse. Avendogli mostro un poco di quel modello di quel serrame che io avevo fatto in Firenze col Salinbene, gli piacque maravigliosamente, e disse queste parole, voltosi a uno garzone che lui teneva, il quale era fiorentino e si domandava Giannotto Giannotti, ed era stato seco parecchi anni; disse cosí: - Questo è di quelli Fiorentini che sanno, e tu sei di quelli che non sanno -. Allora io, riconosciuto quel Giannotto, gli volsi fare motto; perché inanzi che lui andassi a Roma, spesso andavamo a disegnare insieme, ed eravamo stati molto domestici compagnuzzi. Prese tanto dispiacere di quelle parole che gli aveva detto il suo maestro, che egli disse non mi cognoscere né sapere chi io mi fussi: onde io sdegnato a cotal parole, gli dissi: - O Giannotto, già mio amico domestico, che ci siamo trovati in tali e tali luoghi, e a disegnare e a mangiare e bere e dormire in villa tua; io non mi curo che tu faccia testimonianza di me a questo uomo da bene tuo maestro, perché io spero che le mane mia sieno tali, che sanza il tuo aiuto diranno quale io sia.
XIV. Finito queste parole, il Firenzuola, che era persona arditissima e bravo, si volse al detto Giannotto e li disse: - O vile furfante, non ti vergogni tu a usare questi tali termini e modi a uno che t'è stato sí domestico compagno?
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