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      Cosí l'uno e l'altro di noi alquanto, con un poco di sdegnoso riso, abbassati il capo fieramente, ciascuno desideroso di dar fine alle cominciate opere; in modo che in termine di dieci giorni incirca ciascun di noi aveva con molta pulitezza e arte finita l'opera sua. Quella di Lucagnolo detto si era un vaso assai ben grande, il qual serviva in tavola di papa Clemente, dove buttava drento, in mentre che era a mensa, ossicina di carne e buccie di diverse frutte; fatto piú presto a pompa che a necessità. Era questo vaso ornato con dua bei manichi, con molte maschere picole e grande, con molti bellissimi fogliami, di tanta bella grazia e disegno, quanto inmaginar si possa; al quale io dissi, quello essere il piú bel vaso che mai io veduto avessi. A questo, Lucagnolo, parendogli avermi chiarito, disse: - Non manco bella pare a me l'opera tua, ma presto vedremo la differenza de l'uno e de l'altro -. Cosí preso il suo vaso, portatolo al papa, restò satisfatto benissimo, e subito lo fece pagare secondo l'uso de l'arte di tai grossi lavori. In questo mentre io portai l'opera mia alla ditta gentildonna madonna Porzia, la quali con molta maraviglia mi disse, che di gran lunga io avevo trapassata la promessa fattagli; e poi aggiunse, dicendomi che io domandassi delle fatiche mie tutto quel che mi piaceva, perché gli pareva che io meritassi tanto, che donandomi un castello, a pena gli parrebbe d'avermi sadisfatto; ma perché lei questo non poteva fare, ridendo mi disse, che io domandassi quel che lei poteva fare.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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