La notte seguente mi apparve mio padre in sogno, e con amorevolissime lacrime mi pregava, che per l'amor di Dio e suo io fussi contento di pigliare quella tale impresa; a il quali mi pareva rispondere, che in modo nessuno io non lo volevo fare. Subito mi parve che in forma orribile lui mi spaventasse, e disse: - Non lo faccendo arai la paterna maladizione, e faccendolo sia tu benedetto per sempre da me -. Destatomi, per paura corsi a farmi scrivere; di poi lo scrissi al mio vecchio padre, il quale per la soverchia allegrezza gli prese uno accidente, il quali lo condusse presso alla morte; e subito mi scrisse d'avere sognato ancora lui quasi che il medesimo che avevo fatto io.
XXIV. E' mi pareva, veduto di aver sadisfatto alla onesta voglia del mio buon padre, che ogni cosa mi dovessi succedere a onorata e gloriosa fine. Cosí mi messi con grandissima sollecitudine a finire il vaso che cominciato avevo per il Salamanca. Questo vescovo era molto mirabile uomo, ricchissimo, ma difficile a contentare: mandava ogni giorno a vedere quel che io facevo; e quella volta che il suo mandato non mi trovava, il detto Salamanca veniva in grandissimo furore, dicendo che mi voleva far tôrre la ditta opera, e darla ad altri a finire. Questo ne era causa il servire a quel maladetto sonare. Pure con grandissima sollecitudine mi ero messo giorno e notte, tanto che conduttola a termine di poterla mostrare al ditto vescovo, lo feci vedere: a il quali crebbe tanto desiderio di vederlo finito, che io mi penti' d'arvegnene mostro.
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Dio Salamanca Salamanca
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