Essendo io per natura malinconico, come io mi trovavo a questi piaceri, subito mi si rallegrava il cuore, e venivami meglio operato e con piú virtú assai, che quando io continuo stavo a' miei studii ed esercizii; di modo che lo scoppietto alla fin del giuoco mi stava piú a guadagno che a perdita. Ancora, mediante questo mio piacere, m'avevo fatto amicizie di certi cercatori, li quali stavano alle velette di certi villani lombardi, che venivano al suo tempo a Roma a zappare le vigne. Questi tali innel zappare la terra sempre trovavono medaglie antiche, agate, prasme, corniuole, cammei: ancora trovavano delle gioie, come s'è dire ismeraldi, zaffini, diamanti e rubini. Questi tali cercatori da quei tai villani avevano alcuna volta per pochissimi danari di queste cose ditte; alle quali io alcuna volta, e bene spesso, sopragiunto i cercatori, davo loro tanti scudi d'oro, molte volte di quello che loro appena avevano compero tanti giuli. Questa cosa, non istante il gran guadagno che io ne cavavo, che era per l'un dieci o piú, ancora mi facevo benivolo quasi attutti quei cardinali di Roma. Solo dirò di queste qualcuna di quelle cose notabile e piú rare. Mi capitò alle mane, infra tante le altre, una testa di un dalfino grande quant'una fava da partito grossetta. Infra le altre, non istante che questa testa fusse bellissima, la natura in questo molto sopra faceva la arte; perché questo smiraldo era di tanto buon colore, che quel tale che da me lo comperò a decine di scudi, lo fece acconciare a uso di ordinaria pietra da portare in anello: cosí legato lo vendé centinaia.
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