Apresso a pochi giorni, rasciutto alquanto le ferite e a Luigi e alla puttana e a quelli altri, questo gran gentiluomo napoletano fu ricerco da quel misser Benvegnato, al cui era uscito il furore, di farmi far pace con quel giovane detto Luigi, e che quelli valorosi soldati, li quali non avevano che far nulla con esso meco, solo mi volevano cognoscere. La qual cosa quel gentiluomo disse attutti, che mi merrebbe dove e' volevano, e che volontieri mi farebbe far pace; con questo, che non si dovessi né dall'una parte né dall'altra ricalcitrar parole, perché sarebbon troppo contra il loro onore; solo bastava far segno di bere e baciarsi, e che le parole le voleva usar lui, con le quale lui volontieri li salveria. Cosí fu fatto. Un giovedí sera il detto gentiluomo mi menò in casa al ditto misser Benvegnato, dove era tutti quei soldati che s'erano trovati a quella isconfitta, ed erano ancora a tavola. Con il gentiluomo mio era piú di trenta valorosi uomini, tutti ben armati; cosa che il ditto misser Benvegnato non aspettava. Giunti in sul salotto, prima il detto gentiluomo, e io apresso, disse queste parole: - Dio vi salvi, signori: noi siamo giunti a voi, Benvenuto e io, il quale io lo amo come carnal fratello; e siamo qui volentieri a far tutto quello che voi avete volontà di fare -. Misèr Benvegnato, veduto empiersi la sala di tante persone, disse: - Noi vi richiedemo di pace e non d'altro -. Cosí misèr Benvegnato promisse, che la corte del governator di Roma non mi darebbe noia.
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