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      Il perché, seguitando poi cosí dua altre volte, si misse i soldati in tanto disordine che, infra che gli eran pieni del latrocinio del gran sacco, desiderosi alcuni di quelli godersi le lor fatiche, piú volte si volsono abottinare per andarsene. Pure, trattenuti da quel lor valoroso capitano, il quale si domandava Gian di Urb
      ino, con grandissimo lor disagio furno forzati pigliare un altro passo per il rimettere delle lor guardie; il qual disagio importava piú di tre miglia, dove quel primo non era un mezzo. Fatto questa impresa, tutti quei signori ch'erano in Castello mi facevano favori maravigliosi. Questo caso tale, per esser di tanta importanza seguito, lo ho voluto contare per far fine a questo, perché non sono nella professione che mi muove a scrivere; che se di queste cose tale io volessi far bello la vita mia, troppe me ne avanzeria da dirle. Èccene sola un'altra che al suo luogo io la dirò.
     
      XXXVIII. Saltando innanzi un pezzo, dirò come papa Clemente, per salvare i regni con tutta la quantità delle gran gioie della Camera apostolica, mi fece chiamare, e rinchiusesi con il Cavalierino e io in una stanza soli. Questo Cavalierino era già stato servitore della stalla di Filippo Strozzi: era franzese, persona nata vilissima; e per essere gran servitore, papa Clemente lo aveva fatto ricchissimo, e se ne fidava come di sé stesso: in modo che il Papa detto, e il Cavaliere e io rinchiusi nella detta stanza, mi messono innanzi li detti regni con tutta quella gran quantità di gioie della Camera apostolica; e mi comisse che io le dovessi sfasciare tutte dell'oro, in che le erano legate.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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