Cosí me ne venni a Firenze con parecchi altri compagni. Era la peste inistimabile, grande. Giunti a Firenze, trovai il mio buon padre, il quale pensava o che io fussi morto in quel Sacco, o che allui ignudo io tornassi. La qual cosa avenne tutto il contrario: ero vivo, e con di molti danari, con un servitore, e bene a cavallo. Giunto al mio vecchio, fu tanto l'allegrezza che io gli viddi, che certo pensai, mentre che mi abbracciava e baciava, che per quella e' morissi subito. Raccòntogli tutte quelle diavolerie del Sacco, e datogli una buona quantità di scudi in mano, li quali soldatescamente io me avevo guadagnati, apresso fattoci le carezze, il buon padre e io, subito se ne andò agli Otto a ricomperarmi il bando; e s'abbatté per sorte a esser degli Otto un di quegli che me l'avevan dato, ed era quello che indiscretamente aveva detto quella volt'a mio padre, che mi voleva mandare in villa co' lanciotti; per la qual cosa mio padre usò alcune accorte parole in atto di vendetta, causate dai favori che mi aveva fatto il signor Orazio Baglioni. Stando cosí, io dissi a mio padre come il signor Orazio mi aveva eletto per capitano, e che e' mi conveniva cominciare a pensare di fare la compagnia. A queste parole sturbatosi subito il povero padre, mi pregò per l'amor di Dio, che io non dovessi attendere a tale impresa, con tutto che lui cognoscessi che io saria atto a quella e a maggior cosa; dicendomi apresso, che aveva l'altro figliuolo, e mio fratello, tanto valorosissimo alla guerra, e che io dovessi attendere a quella maravigliosa arte, innella quale tanti anni e con sí grandi studi io mi ero affaticato di poi.
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