In questo mezzo, avendo io fatto reverenzia al Cardinale suo fratello, il detto Cardinale pregò il Duca, che fussi contento di lasciarmi fare il suggello pontificale di Sua Signoria reverendissima; il quale io cominciai. In mentre che questa tal opera io lavoravo, mi sopraprese la febbre quartana; la qual cosa, quando questa febbre mi pigliava, mi cavava de' sentimenti; onde io maledivo Mantova e chi n'era padrone, e chi volentieri vi stava. Queste parole furono ridette al Duca da quel suo orefice milanese ditto, il quale benissimo vedeva che 'l Duca si voleva servir di me. Sentendo il detto Duca quelle mie inferme parole, malamente meco s 'adirò; onde, io essendo adirato con Mantova, della stizza fummo pari. Finito il mio suggello, che fu un termine di quattro mesi, con parecchi altre operette fatte al Duca sotto nome del Cardinale, da il ditto Cardinale io fui ben pagato; e mi pregò che io me ne tornassi a Roma in quella mirabil patria, dove noi ci eramo conosciuti. Partitomi con una buona somma di scudi di Mantova, giunsi a Governo, luogo dove fu ammazzato quel valorosissimo signor Giovanni. Quivi mi prese un piccol termine di febbre, la quale non m'impedí punto il mio viaggio, e restata innel ditto luogo, mai piú l'ebbi. Di poi giunto a Firenze, pensando trovare il mio caro padre, bussando la porta, si fece alla finestra una certa gobba arrabbiata, e mi cacciò via con assai villania, dicendomi che io l'avevo fradicia. Alla qual gobba io dissi: - Oh dimmi, gobba perversa, ècc'elli altro viso in questa casa che 'l tuo?
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