Parlando Cechin mio fratello e dando aiuto alla svenuta, presto si riebbe; e pianto un poco il padre, la sorella, il marito, un suo figliuolino, si dette ordine alla cena; e in quelle piacevol nozze in tutta la sera non si parlò piú di morti, ma sí bene ragionamenti da nozze. Cosí lietamente e con grande piacere finimmo la cena.
XLI. Forzato dai prieghi del fratello e della sorella, furno causa che io mi fermai a Firenze, perché la voglia mia era volta a tornarmene a Roma. Ancora quel mio caro amico - che io dissi prima in alcune mie angustie tanto aiutato da lui, questo si era Piero di Giovanni Landi - ancora questo Piero mi disse che io mi doverrei per alquanto fermare a Firenze; perché essendo i Medici cacciati di Firenze, cioè il signore Ipolito e signore Alessandro, quali furno poi un Cardinale e l'altro Duca di Firenze, questo Piero ditto mi disse, che io dovessi stare un poco a vedere quel che si faceva. Cosí cominciai a lavorare in Mercato Nuovo, e legavo assai quantità di gioie e guadagnavo bene. In questo tempo capitò a Fiorenza un sanese chiamato Girolamo Marretti: questo sanese era stato assai tempo in Turchia, ed era persona di vivace ingegno. Capitommi a bottega, e mi dette a fare una medaglia d'oro da portare in un cappello; volse in questa medaglia che io facessi uno Ercole che sbarrava la bocca a il lione. Cosí mi missi a farlo; e in mentre che io lo lavorava, venne Michelagnolo Buonaarroti piú volte a vederlo; e perché io mi v'ero grandemente affaticato, l'atto della figura e la bravuria de l'animale molto diversa da tutti quelli che per insino allora avevano fatto tal cosa; ancora per esser quel modo del lavorare totalmente incognito a quel divino Michelagnolo, lodò tanto questa mia opera, che a me crebbe tanto l'animo di far bene, che fu cosa inistimabile.
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