XLIV. In mentre che l'assedio era intorno a Firenze, quel Federigo Ginori, a chi io avevo fatto la medaglia de l'Atalante, si morí di tisico, e la ditta medaglia capitò alle mane di misser Luigi Alamanni, il quale in ispazio di breve tempo la portò egli medesimo a donare a re Francesco, re di Francia, con alcuni sua bellissimi scritti. Piacendo oltramodo questa medaglia al Re, il virtuosissimo misser Luigi Alamanni parlò di me con Sua Maestà alcune parole di mia qualità, oltra l'arte, con tanto favore, che il Re fece segno di aver voglia di conoscermi. Con tutta la sollecitudine che io potevo sollecitando quel detto modelletto, il quale facevo della grandezza apunto che doveva essere l'opera, risentitosi ne l'arte degli orefici molti di quelli, che pareva loro essere atti a far tal cosa; e perché gli era venuto a Roma un certo Micheletto, molto valente uomo per intagliare corniuole, ancora era intelligentissimo gioielliere, ed era uomo vecchio e di molta riputazione: erasi intermesso alla cura de' dua regni del Papa: faccendo io questo detto modello, molto si maravigliò che io non avevo fatto capo allui, essendo pure uomo intelligente e in credito assai del Papa. A l'ultimo, veduto che io non andavo dallui, lui venne da me domandandomi quello che io facevo: - Quel che m'ha comisso il Papa - gli risposi. Allora e' disse: - Il Papa m'ha comisso che io vegga tutte queste cose che per Sua Santità si fanno -. Al quale io dissi che ne dimanderei prima il Papa, di poi saprei quel che io gli avessi a rispondere.
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