Mi disse che io me ne pentirei; e partitosi da me adirato, si trovò insieme con tutti quelli dell'arte, e ragionando di questa cosa, dettono il carico al detto Michele tutti; il quale, con quel suo buono ingegno fece fare da certi valenti disegnatori piú di trenta disegni tutti variati l'uno dall'altro, di questa cotale impresa. E perché gli aveva a sua posta l'orecchio del Papa, accordatosi con un altro gioielliere, il quale si chiamava Pompeo, milanese (questo era molto favorito dal Papa, ed era parente di misser Traiano primo cameriere del Papa), cominciorno questi dua, cioè Michele e Pompeo, a dire al Papa che avevano visto il mio modello, e che pareva loro che io non fossi strumento atto a cosí mirabile impresa. A questo il Papa disse che l'aveva a vedere anche lui; di poi, non essendo io atto, si cercherebbe chi fussi. Dissono tutt'a dua, che avevano parecchi disegni mirabili sopra tal cosa: a questo il Papa disse che l'aveva caro assai, ma che non gli voleva vedere prima che io avessi finito il mio modello; di poi vedrebbe ogni cosa insieme. Infra pochi giorni io ebbi finito il mio modello, e portatolo una mattina su dal Papa, quel misser Traiano mi fece aspettare, e in questo mezzo mandò con diligenzia per Micheletto e per Pompeo, dicendo loro che portassino i disegni. Giunti che e' furno, noi fummo messi drento; per la qual cosa subito Michele e Pompeo cominciorno a squadernare i lor disegni, e il Papa a vedergli. E perché i disegnatori fuor de l'arte del gioiellare non sanno la situazione delle gioie, ne manco coloro che erano gioiellieri non l'avevano insegnata loro: perché è forza a un gioielliere, quando infra le sue gioie intervien figure, ch'egli sappia disegnare, altrimenti non gli vien fatto cosa buona; di modo che tutti que' disegni avevano fitto quel maraviglioso diamante nel mezzo del petto di quel Dio Padre.
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