Il Papa mostrò aver tanto caro queste parole, quanto immaginar si possa, e voltosi a me, disse: - Va', pur, Benvenuto mio, e attendi animosamente a servirmi, e non prestare orecchio alle parole di questi pazzi -. Cosí partitomi, e con gran prestezza feci dua ferri; e stampato una moneta in oro, portato una domenica doppo desinare la moneta e' ferri al Papa, quando la vidde, restato maravigliato e contento, non tanto della bella opera che gli piaceva oltramodo, ancora piú lo fe' maravigliare la prestezza che io avevo usata. E per accrescere piú satisfazione e maraviglia al Papa, avevo meco portato tutte le vecchie monete che s'erano fatte per l'adietro da quei valenti uomini che avevano servito papa Iulio e papa Lione; e veduto che le mie molto piú satisfacevano, mi cavai di petto un moto proprio per il quale io domandavo quel detto uffizio del maestro delle stampe della zecca; il quale uffizio dava sei scudi d'oro di provisione il mese, sanza che i ferri poi erano pagati dal zecchiere, che se ne dava tre al ducato. Preso il Papa il mio moto proprio e voltosi, lo dette in mano al datario, dicendogli che subito me lo spedissi. Preso il datario il moto proprio e volendoselo mettere innella tasca, disse: - Beatissimo Padre, Vostra Santità non corra cosí a furia; queste son cose che meritano qualche considerazione -. Allora il Papa disse: - Io v'ho inteso; date qua quel moto proprio - e presolo, di sua mano subito lo segnò; poi datolo allui disse: - Ora non c'è piú replica; speditegne voi ora, perché cosí voglio, e val piú le scarpe di Benvenuto che gli occhi di tutti questi altri balordi -. E cosí ringraziato Sua Santità, lieto oltremodo me ne andai a lavorare.
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