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      Come il sole fu fuora del nostro orizzonte si volse a me e mi disse: - Fratel mio, io non voglio piú star qui, perché costoro mi farebbon fare qualche gran cosa, di che e' s'arebbono a pentire d'avermi dato noia -, e scagliandosi con l'una e l'altra gamba, la quale noi gli avevamo messo in una cassa molto ben grave, la tramutò in modo di montare a cavallo: voltandosi a me col viso disse tre volte: - Adio, adio - e l'ultima parola se ne andò con quella bravosissima anima. Venuto l'ora debita, che fu in sul tardi a ventidua ore, io lo feci sotterrare con grandissimo onore innella chiesa de' Fiorentini, e di poi gli feci fare una bellissima lapida di marmo, innella quale vi si fece alcuni trofei e bandiere intagliate. Non voglio lasciare in drieto, che domandandolo un di quei sua amici, chi gli aveva dato quell'archibusata, se egli lo ricognoscessi, disse di sí, e dettegli e' contrassegni; e' quali, se bene il mio fratello s'era guardato da me che tal cosa io non sentissi, benissimo lo avevo inteso, e al suo luogo si dirà il seguito.
     
      L. Tornando alla ditta lapida, certi maravigliosi litterati, che conoscevano il mio fratello, mi dettono una epigramma dicendomi che quella meritava quel mirabil giovane, la qual diceva cosí: "Francisco Cellino Fiorentino, qui quod in teneris annis ad Ioannem Medicem ducem plures victorias retulit et signifer fuit, facile documentum dedit quantae fortitudinis et consilii vir futurus erat, ni crudelis fati archibuso transfossus quinto aetatis lustro jaceret, Benvenutus frater posuit.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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