Dato che io ebbi ordine a' giovani che fussino rivestiti, presi l'opera insieme con le gioie, accomodandole meglio che io potevo a' luoghi loro, e con esse me ne andai subito dal Papa, il quale da Francesco del Nero gli era stato detto parte di quei romori, che nella bottega mia s'era sentito; e subito messo sospetto al Papa. Il Papa piú presto immaginato male che altro, fattomi uno sguardo adosso terribile, disse con voce altiera: - Che se' tu venuto a far qui? che c'è? - Ècci tutte le vostre gioie e l'oro, e non manca nulla -. Allora il Papa, rasserenato il viso, disse: - Cosí sia tu il benvenuto -. Mostratogli l'opera, e in mentre che la vedeva, io gli contavo tutti gli accidenti del ladro e de' mia affanni, e quello che m'era di maggior dispiacere. Alle qual parole molte volte si volse a guardarmi in viso fiso, e alla presenza era quel Francesco del Nero, per la qual cosa pareva che avessi mezzo per male non si essere aposto. All'ultimo il Papa, cacciatosi a ridere di quelle tante cose che io gli avevo detto, mi disse: - Va', e attendi a essere uomo da bene, come io mi sapevo.
LIII. Sollecitando la ditta opera e lavorando continuamente per la zecca, si cominciò a vedere per Roma alcune monete false istampate con le mie proprie stampe. Subito furno portate dal Papa; e datogli sospetto di me, il Papa disse a Iacopo Balducci zecchiere: - Fa' diligenza grandissima di trovare il malfattore, perché sappiamo che Benvenuto è uomo da bene -. Questo zecchiere traditore, per esser mio nimico, disse: - Idio voglia, beatissimo Padre, che vi riesca cosí qual voi dite; perché noi abbiamo qualche riscontro -. A questo il Papa si volse al governatore di Roma, e disse che lui facessi un poco di diligenza di trovare questo malfattore.
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