LV. Avendo presso a fine l'opera mia, sopravenne quella grandissima inundazione, la quale traboccò d'acqua tutta Roma. Standomi a vedere quel che tal cosa faceva, essendo di già il giorno logoro, sonava ventidua ore, e l'acque oltramodo crescevano. E perché la mia casa e bottega el dinanzi era in Banchi e il di drieto saliva parecchi braccia, perché rispondeva in verso Monte Giordano, di modo che, pensando prima alla salute della vita mia, di poi all'onore, mi missi tutte quelle gioie adosso e lasciai quell'opera d'oro a quelli mia lavoranti in guardia, e cosí scalzo discesi per le mie finestre di drieto, e il meglio che io potessi passai per quelle acque tanto che io mi condussi a Monte Cavallo, dove io trovai misser Giovanni Gaddi cherico di Camera, e Bastiano Veniziano pittore. Accostatomi a misser Giovanni, gli detti tutte le ditte gioie, che me le salvassi; il quale tenne conto di me, come se fratello gli fussi stato. Di poi a pochi giorni, passati i furori dell'acqua, ritornai alla mia bottega, e fini' la ditta opera con tanta buona fortuna, mediante la grazia de Dio e delle mie gran fatiche, che ella fu tenuta la piú bella opera che mai fussi vista a Roma; di modo che, portandola al Papa, egli non si poteva saziare di lodarmela; e disse: - Se io fussi uno imperatore ricco, io donerei al mio Benvenuto tanto terreno, quanto il suo occhio scorressi; ma perché noi dal dí d'oggi siamo poveri imperatori falliti, ma a ogni modo gli darem tanto pane, che basterà alle sue piccole voglie -. Lasciato che io ebbi finire al Papa quella sua smania di parole, gli chiesi un mazzieri ch'era vacato.
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