Sí che, Monsignori, fate tutto quel che voi potete, ché altro non arete da me, che e' cinquecento scudi. Cosí direte al Papa. Le vostre minaccie non mi fanno una paura al mondo; perché io sono uomo da bene, e non ho paura de' mia peccati -. Rizzatosi il Governatore e il Fiscale, mi dissono che andavano dal Papa, e che tornerebbono con commessione, che guai a me. Cosí restai guardato. Mi passeggiavo per un salotto: e gli stettono presso a tre ore a tornare dal Papa. In questo mezzo mi venne a visitare tutta la nobiltà della nazion nostra di mercanti, pregandomi strettamente che io non la volessi stare a disputare con un Papa, perché potrebbe essere la rovina mia. Ai quali io risposi, che m'ero risoluto benissimo di quel che io volevo fare.
LXII. Subito che il Governatore insieme col Fiscale furono tornati da Palazzo, fattomi chiamare, disse in questo tenore: - Benvenuto, certamente e' mi sa male d'esser tornato dal Papa con una commessione tale, quale io ho; sí che o tu trova l'opera subito, o tu pensa a' fatti tua -. Allora io risposi che, da poi che io non avevo mai creduto insino a quell'ora che un santo Vicario di Cristo potessi fare un'ingiustizia - però io lo voglio vedere prima che io lo creda; sí che fate quel che voi potete -. Ancora il Governatore replicò, dicendo: - Io t'ho da dire dua altre parole da parte del Papa, dipoi seguirò la commessione datami. Il Papa dice che tu mi porti qui l'opera, e che io la vegga mettere in una scatola e suggellare; di poi io l'ho apportare al Papa, il quale promette per la fede sua di non la muovere dal suo suggello chiusa, e subito te la renderà; ma questo e' vuol che si faccia cosí per averci anch'egli la parte dell'onor suo -. A queste parole io ridendo risposi, che molto volentieri gli darei l'opera mia in quel modo che diceva, perché io volevo saper ragionare come era fatta la fede di un Papa.
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