Io m'ero messo a ritrarlo, e gli facevo una medaglia segretamente; e quelle stampe di acciaio per istampar detta medaglia, me le facevo in casa; e alla mia bottega tenevo un compagno, che era stato mio garzone, il qual si domandava Felice. In questo tempo, sí come fanno i giovani, m'ero innamorato d'una fanciulletta siciliana, la quale era bellissima; e perché ancor lei dimostrava volermi gran bene, la madre sua accortasi di tal cosa, sospettando di quello che gli poteva intervenire (questo si era che io avevo ordinato per un anno fuggirmi con detta fanciulla a Firenze, segretissimamente dalla madre), accortasi lei di tal cosa, una notte segretamente si partí di Roma e andossene alla volta di Napoli; e dette nome d'esser ita da Civitavecchia, e andò da Ostia. Io l'andai drieto a Civitavecchia, e feci pazzie inistimabile per ritrovarla. Sarebbon troppo lunghe a dir tal cose per l'apunto: basta che io stetti in procinto o d'impazzare o di morire. In capo di dua mesi lei mi scrisse che si trovava in Sicilia molto mal contenta. In questo tempo io avevo atteso a tutti i piaceri che immaginar si possa, e avevo preso altro amore, solo per istigner quello.
LXIV. Mi accadde per certe diverse stravaganze, che io presi amicizia di un certo prete siciliano, il quale era di elevatissimo ingegno e aveva assai buone lettere latine e grece. Venuto una volta in un proposito d'un ragionamento, in el quale s'intervenne a parlare dell'arte della negromanzia; alla qual cosa io dissi: - Grandissimo desiderio ho avuto tutto il tempo della vita mia di vedere o sentire qualche cosa di quest'arte -. Alle qual parole il prete aggiunse: - Forte animo e sicuro bisogna che sia di quel uomo che si mette a tale impresa -. Io risposi che della fortezza e della sicurtà dell'animo me ne avanzerebbe, pur che i' trovassi modo a far tal cosa.
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