Il detto signor Gianbatista, carezzato ch'egli m'ebbe dua giornate, mi consigliò che io mi dovessi levar di quivi e andarmene alla volta di Napoli, per tanto che passassi questa furia; e datomi compagnia, mi fece mettere in sulla strada di Napoli, in su la quale io trovai uno scultore mio amico, che se ne andava a San Germano a finire la seppoltura di Pier de' Medici a Monte Casini. Questo si chiamava per nome il Solosmeo: lui mi dette nuove, come quella sera medesima papa Clemente aveva mandato un suo cameriere a intendere come stava Tubbia sopraditto; e trovatolo a lavorare, e che in lui non era avvenuto cosa nissuna, né manco non sapeva nulla, referito al Papa, il ditto si volse a Pompeo e gli disse: - Tu sei uno sciagurato, ma io ti protesto bene, che tu hai stuzzicato un serpente, che ti morderà e faratti il dovere -. Di poi si volse al cardinal de' Medici, e gli commisse che tenessi un poco di conto di me, che per nulla lui non mi arebbe voluto perdere. Cosí il Solosmeo e io ce ne andavamo cantando alla volta di Monte Casini, per andarcene a Napoli insieme.
LXVIII. Riveduto che ebbe il Solosmeo le sue faccende a Monte Casini, insieme ce ne andammo alla volta di Napoli. Arrivati a un mezzo miglio presso a Napoli, ci si fece incontro uno oste il quale ci invitò alla sua osteria, e ci diceva che era stato in Firenze molt'anni con Carlo Ginori; e se noi andavamo alla sua osteria, che ci arebbe fatto moltissime carezze, per esser noi Fiorentini. Al qual oste noi piú volte dicemmo, che seco noi non volevamo andare.
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