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      Questo uomo pur ci passava inanzi e or ristava indrieto, sovente dicendoci le medesime cose, che ci arebbe voluti alla sua osteria. Il perché venutomi a noia, io lo domandai se lui mi sapeva insegnare una certa donna siciliana, che aveva nome Beatrice, la quale aveva una sua bella figliuoletta che si chiamava Angelica, ed erano cortigiane. Questo ostiere, parutoli che io l'uccellassi, disse: - Idio dia il malanno alle cortigiane e chi vuol lor bene - e dato il piè al cavallo, fece segno di andarsene resoluto da noi. Parendomi essermi levato da dosso in un bel modo quella bestia di quell'oste, con tutto che di tal cosa io non estessi in capitale, perché mi era sovvenuto quel grande amore che io portavo a Angelica, e ragionandone col ditto Solosmeo non senza qualche amoroso sospiro, vediamo con gran furia ritornare a noi l'ostiere, il quale, giunto da noi, disse: - E' sono o dua over tre giorni, che accanto alla mia osteria è tornato una donna e una fanciulletta, le quali hanno cotesto nome; non so se sono siciliane o d'altro paese -. Allora io dissi: - Gli ha tanta forza in me quel nome di Angelica, che io voglio venire alla tua osteria a ogni modo -. Andammocene d'accordo insieme coll'oste nella città di Napoli, e scavalcammo alla sua osteria, e mi pareva mill'anni di dare assetto alle mie cose, qual feci prestissimo; e entrato nella ditta casa accanto a l'osteria, ivi trovai la mia Angelica, la quale mi fece le piú smisurate carezze che inmaginar si possa al mondo. Cosí mi stetti seco da quell'ora delle ventidua ore in sino alla seguente mattina con tanto piacere, che pari non ebbi mai.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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